IL MEDICO OMEOPATA n. 89 (Luglio 2025)
Dott. Gustavo Dominici
La Materia Medica omeopatica, che racchiude la conoscenza dei singoli rimedi, è stata costruita con le parole della malattia espresse da persone attente e semplici, che non interpretavano, non diagnosticavano, non cercavano i perché psicosomatici tramite una psicologia da strapazzo. Sono lì, quelle degli sperimentatori e quelle dei pazienti guariti.
A questo punto appare logico e naturale ciò che è precisamente il contrario.
Dottore, vengo da lei perché non so più cosa fare!
Soffro di tachicardia. Sono andato dal cardiologo, ho fatto anche l’holter e mi ha prescritto un beta bloccante. E’ andata meglio, ma la notte mi sveglio ancora con queste crisi. Allora mi hanno detto che il problema è il reflusso e mi hanno dato il pantoprazolo. E’ andata meglio, ma poi ho sofferto di colon irritabile. Mi hanno fatto fare la gastro e colonscopia in anestesia generale, perché dicono che è meglio, hanno trovato dei diverticoli e così per una settimana al mese prendo un antibiotico. Però non sono guarito, così mi hanno tolto il glutine ed il latte vaccino … poi ho scoperto l’allergia al nichel … ma non sto ancora bene, che posso prendere?
Capisco, ma lei come si sente?
Eh, mi sento così, come le ho detto.
In realtà non mi ha detto nulla. Ripeto: come si sente?
Non so Dottore, non so bene come mi sento … stanco! Sa, lo stress sul lavoro, si, sono STANCO E STRESSATO. Che posso prendere?
La sofferenza è una parte di noi, un aspetto della nostra esistenza.
Può esprimersi secondo i parametri di una malattia codificata, ma non obbligatoriamente e non limitatamente e, soprattutto, lo fa sempre con modalità personalizzata e originale. Se il paziente non avesse disimparato ad esprimere la sua sofferenza e, quindi, non usasse termini pseudo medici e strampalati che lo relegano al ruolo di entità da classificare, sarebbe evidente dalle sue parole come una componente profonda di sé ed inascoltata stia lottando per manifestarsi. Non c’è bisogno di elaborare contenuti, di dedurre o intuire alcunchè, è sufficiente ascoltare. L’emotività troppo controllata, l’urlo di disperazione interiore che cerca spazio, l’angoscia non manifesta, la solitudine profonda, la perdita mai superata, l’ansia per ogni cosa, il panico. Tutto ciò e altro, tutte le componenti della realtà interiore che si esprimono diversamente da un individuo all’altro, permettendone così l’individuazione e l’identificazione. È un materiale umano prezioso, personale, originale, non confondibile, che ci offre le informazioni per la terapia e quindi il superamento della sofferenza. Eppure, a questo punto, tutto ciò è una fastidiosa ed inutile ridondanza, potremmo dire un eccipiente. Nessun medico è interessato ad ascoltarlo – a che fine? – al più può essere utile ad una veloce visita psichiatrica, che generosamente distribuirà droghe pesanti come compresse di felicità. Ed i pazienti si sono adattati, cercano di esprimersi come il medico desidera che facciano, pena non essere ascoltati.
La Materia Medica omeopatica, che racchiude la conoscenza dei singoli rimedi, è stata costruita con le parole della malattia espresse da persone attente e semplici, che non interpretavano, non diagnosticavano, non cercavano i perché psicosomatici tramite una psicologia da strapazzo. Sono lì, quelle degli sperimentatori e quelle dei pazienti guariti. È ben diverso dire: Dottore, improvvisamente sento il cuore in gola, poi è come se si fermasse e mi prende l’angoscia, piuttosto che: ho degli attacchi di tachicardia e mi prendo subito l’antiaritmico, lei ha una medicina che lo può sostituire?
Ai più è sfuggito il contatto con la parte di sé più profonda, che cerca espressione, che racconta il suo malessere e che rende possibile la magia di trovare un rimedio omeopatico con la stessa forza espressiva, che sani e restituisca una vita libera e vera. O, perlomeno, che riavvicini ad essa. Prima ancora che curarsi si dovrebbe reimparare ad ascoltarsi e dovremmo farlo anche noi terapeuti, per noi stessi e per capire meglio i nostri pazienti.
Buona estate, Omeopati!
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