Sperimentazione didattica di Hydrogenium peroxidatum (H2O2)

“Analisi del proving di Verona dell’Aprile-Maggio 2009; integrazione con i risultati del proving di Roma del 2004”

IL MEDICO OMEOPATA n. 42 (Novembre 2009)
Scuola di Omeopatia di Verona

Dott. Gustavo Dominici

 

RIASSUNTO

L’acqua ossigenata o perossido d’idrogeno, preparata omeopaticamente con il nome di hydrogenium peroxidatum, fu sperimentata per la prima volta dal Febbraio al Maggio del 2004. Un impulso alla conoscenza ed alle possibilità cliniche di hydrogenium peroxidatum si ebbe dall’uso terapeutico negli animali, particolarmente cani, in condizioni spesso estreme a causa della vecchiaia o per malattie del sNC. Nella primavera del 2009 la scuola di Omeopatia di verona organizzò un proving didattico per studenti e docenti e ciò permise una nuova sperimentazione della sostanza. In questo articolo vengono esposti i criteri utilizzati per il Proving di Verona ed i risultati. Si valuta il valore didattico dell’esperienza, i dati che ne risultano e che vanno ad aggiungersi a quelli già disponibili. Infine si espongono alcune considerazioni che riguardano il proving, tentando di rispondere ad alcuni quesiti: l’esperimento omeopatico perseguito secondo i criteri della sperimentazione scientifica è la via più semplice per ottenere risultati adeguati all’uso clinico del medicamento? È possibile che i criteri della sperimentazione scientifica e la loro rigida applicazione possano persino ostacolare la conoscenza delle peculiarità della sostanza che ne determinano l’uso clinico, ritardandone così o impedendone l’utilizzo?

PAROLE CHIAVE

Proving didattico – hydrogenium peroxidatum – Patogenesi della sostanza

INTRODUZIONE

L’acqua ossigenata o perossido d’idrogeno, preparata omeopaticamente con il nome di Hydrogenium peroxidatum, fu sperimentata per la prima volta dal Febbraio al Maggio del 2004. (1) Il proving fu progettato seguendo scrupolosi criteri: fu multicentrico, in doppio cieco, con uso del placebo. Vi presero parte 16 provers, 4 supervisori, un coordinatore ed un direttore. Furono utilizzate le potenze 30 CH e 200K, oltre al placebo nella misure del 30%; la raccolta dei sintomi durò 2 mesi, fino a 6 per due provers che accettarono di continuare. L’uso clinico del nuovo medicamento omeopatico non ebbe altrettanto successo, anche per la ritardata e carente diffusione dei risultati della ricerca.
Un impulso alla conoscenza ed alle possibilità cliniche di Hydrogenium pe- roxidatum si ebbe dall’uso terapeutico negli animali, particolarmente cani, in condizioni spesso estreme a causa della vecchiaia o per malattie del SNC. (2) Gli ulteriori dati forniti da tale esperienza permisero una prescrizione più accu- rata del nuovo medicamento con qualche risultato clinico di rilievo; ciò nonostante le prescrizioni inefficaci, quando non addirittura peggiorative per il Paziente, fecero concludere che il quadro patogenetico della sostanza era ancora lungi dall’essere definito. L’occasione per un ulteriore passo avanti l’ha fornita la Scuola di Omeopatia di Verona che ha messo a disposizione mezzi e materiale umano per rinnovare l’esperienza del proving. L’attenzione è stata rivolta al proving come esperienza didattica più che al- l’acqua ossigenata attivata omeopaticamente, cosa che ha permesso di progettare una sperimentazione con i crismi del doppio cieco.

In questo articolo vengono esposti i criteri dell’esperimento ed i risultati. Si valuta il valore didattico dell’esperienza, i dati che ne risultano e che vanno ad aggiungersi a quelli già disponibili. Infine si espongono alcune considerazioni che riguardano il proving, tentando di rispondere ad alcuni quesiti: l’esperimento omeopatico, perseguito secondo i criteri della sperimentazione scientifica, è la via più semplice per ottenere risultati adeguati all’uso clinico del medicamento? È possibile che i criteri della sperimentazione scientifica e la loro rigida applicazione possano persino ostacolare la conoscenza degli elementi caratteristici della sostanza utili al suo uso clinico, ritardandone così o di fatto impedendone l’utilizzo?
Non siamo i primi a porci questi quesiti. L’E.C.H. ha da sempre sostenuto la necessità di utilizzare criteri rigorosi e standardizzati nell’esperimento omeopatico; (3) non si può che condividere il loro sforzo di regolazione di una situazione che potremmo chiamare, usando un eufemismo, caos sperimentale. Altri Autori, importanti in questo settore, hanno esaminato il quesito e sono arrivati a conclusioni differenti. (4),(5),(6),(7) Nell’ambito di questo intervento daremo il nostro contributo al dibattito.

MATERIALI E METODI

L’esperienza sperimentale si è svolta interamente nell’ambito della Scuola di Omeopatia di Verona. È stato stilato un protocollo nuovo ed essenziale, esaminato accuratamente in un incontro con i partecipanti. Le figure ed i ruoli sono stati così definiti:

DIRETTORE – organizzatore del Proving e unico soggetto a conoscere la sostanza sperimentata.
COORDINATORE – controllo sullo svolgimento corretto del Proving e raccolta dei sintomi inviati dai supervisori, richiesta di chiarimenti, valutazione sulla prosecuzione o meno dell’esperienza da parte dei provers.
SUPERVISORI – 5 supervisori, scelti fra medici omeopati di prolungata esperienza. Ognuno di loro ha seguito da due a tre provers. Per ogni prover è stata redatta una scheda pre-proving, con il diario del prover (vedi), la sua sintomatologia pregressa ed attuale ed infine un giudizio finale che tenesse conto, tra le altre cose, dei requisiti di salute e dell’attendibilità del prover stesso. Ogni supervisore ha mantenuto contatti con il prover in vario modo: telefonici, per e-mail e diretti; questi ultimi possibilmente una volta la settimana. I sintomi raccolti, esaminati, discussi e completati con il prover, sono stati inviati al coordinatore.
I supervisori hanno avuto veto assoluto di comunicare fra loro dati riguardanti l’esperimento in corso.
PROVERS – 12 soggetti maggiorenni, tutti volontari, in buone condizioni di salute, non in terapia – omeopatica e no – da almeno due mesi, né assumenti anticoncezionali da almeno tre mesi, scelti fra gli studenti e gli insegnati della scuola. Hanno stilato un accurato diario osservazionale per almeno sette giorni prima, da presentare ed esaminare con il rispettivo supervisore e contemporaneamente si sono sottoposti ad un esame pre-proving per raccogliere e definire la sintomatologia patologica e no. Hanno utilizzato un diario da portare sempre con sé per tutta la durata del Proving, al fine di scrivere il sintomo non appena ne fossero consapevoli, a beneficio della precisione e completezza. Frequentemente dovevano inviare il materiale raccolto al supervisore e completarlo o specificarlo a richiesta.
I provers hanno avuto veto assoluto di comunicare fra loro dati riguardanti l’esperimento in corso.

Le altre modalità del Proving:

SOSTANZA, DINAMIZZAZIONI E USO DEL PLACEBO – La sostanza, scelta dal direttore del proving, senza consultare alcuno, è stata comunicata solo alla Ditta produttrice, che si è occupata di preparare i flaconi per l’esperimento. Il direttore stesso ha deciso le dinamizzazioni da usare: 6 flaconi con la sostanza alla 30 CH, come nelle più classiche sperimentazioni; 3 flaconi con la sostanza alla 200K; infine 3 flaconi placebo (rappresentante quindi il 25%). Il numero dei flaconi e la dinamizzazione corrispondente sono stati consegnati in busta chiusa ad un membro della scuola non coinvolto nell’esperimento; la busta è stata aperta nel seminario post-proving. I 12 provers hanno scelto il rispettivo flacone con modalità random; i rispettivi nomi sono stati registrati e consegnati in busta chiusa al direttore del proving.
ASSUNZIONE DELL A SOSTANZA – Il protocollo è stato modificato rispetto alle esperienze precedenti, scegliendo un’assunzione ripetuta, per indurre più velocemente la comparsa di sintomi e anche per le finalità del Proving, prevalentemente didattiche, rispondendo all’esigenza di evidenziare a soggetti non sempre esperti la rilevanza e l’indiscutibilità dei dati raccolti. Per cui si è scelta la somministrazione in soluzione idroalcolica di 5 gocce per 4 volte al giorno per un massimo di 7 giorni. Il flacone ha subito un’energica succussione (scuotimento) prima di ogni somministrazione. L’assunzione veniva interrotta alla comparsa di un sintomo valutato come nuovo dal prover e/o dal supervisore.

TRASCRIZIONE DEI SINTOMI – Il sintomo andava trascritto, non appena riconosciuto, in un blocco notes portatile, poi di nuovo trascritto in un file ed opportunamente completato o precisato, indicando: il prover (identificato con una sigla), il giorno di comparsa, l’ora – quando presente – e la classificazione. Quest’ultima, considerata molto importante, è stata specificata in 5 categorie di sintomi validi per il proving (i sintomi comuni non andavano registrati):
SINTOMO COMUNE, ma notevolmente più intenso. (I)
SINTOMO GUARITO, scomparso. (G)
SINTOMO DEL PASSATO. (P)
SINTOMO NUOVO, inusuale. (N)
SINTOMO ECCEZIONALE, per intensità e novità. (E)
Così facendo ogni sintomo poteva essere preso singolarmente, rintracciato facilmente ed utilizzato per costruire un quadro patogenetico. È evidente che i sintomi classificati come E, eccezionali, cioè particolarmente evidenti per novità e per intensità, sono stati determinanti nel delineare le caratteristiche della sostanza sperimentata. Nel seminario pre-proving sono state discusse le modalità di trascrizione dei sintomi ed il linguaggio da utilizzare, con un’esercitazione pratica. Si è favorito, ovviamente, il linguaggio spontaneo, non troppo scarno né immaginifico, ma che ben esprimesse le sensazioni provate, evitando terminologie mediche, che tenesse in particolare conto le sensazioni provate e le riportasse con termini adeguati. Si decise che i sogni sarebbero stati trascritti e poi valutati, ma non automaticamente inseriti nella sintomatologia finale, onde evitare facili suggestioni e fantasiose interpretazioni. Notevole importanza è stata assegnata ai sintomi oggettivi, quelli cioè rilevati dai supervisori a contatto diretto con il rispettivo prover, e le impressioni di chi viveva accanto al prover e rilevava aspetti fisici e comportamentali certamente inusuali.
I sintomi prodotti dal proving possono più correttamente essere definiti note sintomatologiche, in quanto spesso sono vere e proprie sindromi, cioè un insieme di sintomi che rappresenta un vero e proprio quadro clinico. Si riporta un esempio particolarmente esplicativo tratto proprio dal proving: Scariche di diarrea giallo-marrone, senza odore, con grande spossatezza (fatica a camminare) e con presenza di sangue rosso brillante; poi diarrea a spruzzo continua come un rubinetto aperto, preceduta e seguita da dolori crampi formi, con sangue rosso vivo; crampi al basso ventre, seguita da senso di torpore, molto sonno, incapacità a tenere gli occhi aperti, nausea, sempre con sangue rosso vivo. (Mi corico presto, alle 20, senza assumere la 4a dose di rimedio e senza cena). VR BB, Pom.-sera, 5, N
VR sta ad indicare il proving di Verona; BB indica le iniziali del prover; di seguito l’orario o il periodo della giornata in cui il sintomi si è verificato; 5 è il giorno dall’inizio del proving; N è la classificazione del sintomo.
DURATA DEL PROVING – Si è stabilita in 30 giorni, lasso di tempo stimato come adeguato da esperienze precedenti e anche più facile da utilizzare in un contesto didattico.
Tutti i partecipanti hanno studiato il protocollo, quindi si è svolto un seminario pre-proving in cui, come detto, si sono esaminati aspetti e ruoli, risolvendo ogni dubbio. Durante il seminario sono state fatte esercitazioni sulla raccolta e trascrizione dei sintomi. A questo punto supervisori e provers si sono incontrati per la compilazione delle schede cliniche ed infine il proving è cominciato. Al termine in un seminario post-proving si sono esaminati i dati, completando l’esperienza di ognuno e confrontandola con quella altrui.
I due seminari pre e post-proving sono stati determinanti per un inquadramento ottimale dell’esperimento.

CONSIDERAZIONI

Le difficoltà riscontrate durante l’esperimento non sono state rilevanti, né tali da comprometterne la validità. Erano stati fatti uno studio ed una programmazione accurati per diminuire fino quasi ad azzerare le problematiche.

LINGUAGGIO DEI PROVERS – È un argomento assai delicato e difficile da apprendere ed insegnare. Molti aspiranti prover trovano semplice e spontaneo trasmettere i propri sintomi in modo chiaro e preciso, altri lo trovano assai difficile e danno spesso importanza a cose irrilevanti o si lanciano in disquisizioni inutili e dannose per il risultato. Con l’esercizio costoro pos- sono migliorare la loro capacità di evidenziare e riportare sintomi patogenetici, ma alcuni continuano a trovare molta difficoltà di espressione ed è bene che vengano esclusi dall’esperimento. Tale scelta può sembrare troppo drastica, ma la sintomatologia variamente artefatta di alcuni può inficiare il buon lavoro di molti, rendendo poco attendibili tutti gli altri sintomi, confondendoli o contribuendo ad evidenziare aspetti che appartengono all’eventuale nevrosi del prover piuttosto che alla sostanza scelta. Una situazione del genere si è verificata in questo proving in due casi: ad uno dei due aveva corrisposto, fortunatamente, il placebo; nell’altro caso si è dovuta rivedere attentamente la sintomatologia.

CLASSIFICAZIONE DEI SINTOMI – Il seminario pre-proving e l’esercitazione pratica non hanno chiarito a sufficienza la diversa tipologia dei sintomi e la relativa classificazione, ne è conseguito un certo grado di incongruità. Alcuni provers hanno valutato come E (eccezionali) sintomi che erano semplicemente N (nuovi), e così via. A proving terminato si è resa necessaria una rivisitazione coerente della classificazione dei sintomi.

ATTENDIBILITA’ DEI PARTECIPANTI – Un altro problema riguarda l’attendibilità dei soggetti, inizialmente disposti a partecipare all’esperienza, ma poi non così costanti nei loro intenti. Nel proving in questione c’è stato il caso di un supervisore che, dopo aver fatto un ottimo lavoro di preparazione dei suoi tre provers, non ha inviato il materiale dell’esperimento vero e proprio. Il coordinatore prima ed il direttore poi hanno contattato i tre provers e raccolto loro i dati, salvando così ben il 25% dell’esperienza.
DURATA DELL’AUTO OSSERVAZIONE – Un supervisore ha sottolineato che la settimana di auto osservazione pre-proving non è sufficiente per avere una buona conoscenza di sé e della propria sintomatologia. La critica risulta certamente opportuna. Bisogna però considerare che non è semplice ottenere una disponibilità prolungata da parte dei vari partecipanti e che dilatare le varie fasi dell’esperimento (auto osservazione, contatti col supervisore, durata dell’esperimento etc …) può avere come risultato la perdita del prover. Occorre un giusto equilibrio fra ciò che sarebbe auspicabile e ciò che è realisticamente ottenibile.[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_column_text]RISULTATI

Dal punto di vista della partecipazione, della rigorosità dell’impegno e della qualità dell’esperienza si può concludere che il proving è stato un grande successo, perfino entusiasmante. Riporto le parole del coordinatore, di fatto colui che più di tutti vede l’andamento del proving, scritte a posteriori e molto eloquenti al riguardo:
1. Partecipare a un proving ritengo sia una delle massime possibilità di studio e di acquisizione di conoscenza della dottrina omeopatica, pertanto sarebbe utile lasciare un po’ più di tempo per la riflessione e la verifica dei paragrafi dell’Organon con la nostra esperienza attuale, per meglio acquisire l’intima e profonda verità dell’utilizzo del rimedio sull’uomo sano.
2. Per i provers è una possibilità di conoscere meglio i loro punti di vulnerabilità della salute e verificare quali sono gli organi e apparati e pensieri e sensazioni e sogni che attraverso il proving si selezionano ed emergono. Mi è sembrato almeno in (… nomi di 4 provers) che i sintomi pregressi che in un qualche modo erano rimasti “da curare” sono emersi con maggiore e più precisa modalizzazione e poi sono scomparsi: il paragrafo 138 parla di sintomi del rimedio che in quel paziente si esplicitano … su questo io avrei qualche perplessità su cui vorrei confrontarmi. Mi sembrerebbe più una applicazione della legge di Hering che sposta dal più profondo al più superficiale fino all’’eliminazione dei sintomi del paziente. (…) Come dipanare la matassa? Certo è che l’energia vitale di questi provers è alla fine aumentata, la xxxxxx lo dice testualmente,”nonostante la febbre mi sento bene”.
3. È molto chiara la differenza tra chi ha utilizzato il rimedio e chi ha utilizzato il placebo. Mi sembra senza voler peccare di presunzione che xxxxxxxx e altri due provers, che hanno ricevuto sembra solo placebo e comunque non sono stati suscettibili, non sono emersi né sintomi propri né altri.

Si evidenzia come l’esperienza del proving, molto profonda e significativa, sollevi molti quesiti, che da teorici diventano estremamente concreti e che chiedono risposta. Chi ha partecipato ad un proving, come prover o come supervisore, ne esce rafforzato e motivato: ha visto in modo inequivocabile la potenzialità di una sostanza dinamizzata di produrre sintomi molto concreti, perfino drammatici. Il Proving permette quindi di entrare nel cuore dell’Omeopatia, di viverla, risultato che non può essere fornito da nessun altro tipo di studio.
Un altro aspetto evidenziato da più è che insegnanti e studenti si sono trovati variamente mescolati insieme a vivere l’esperienza e questo ha favorito una comunicazione migliore ed un senso di appartenenza alla stessa comunità omeopatica ed alla scuola di provenienza.

Un evento caratteristico lo ha vissuto un supervisore con due provers, uno dei quali aveva assunto verum alla po- tenza 30 CH, l’altro placebo. Il verum ha prodotto sintomi molto importanti, con manifestazioni organiche rilevanti, al limite della necessità di ricorrere all’antidoto e da ipotizzare, a fine proving, che la sostanza corrispondesse al suo rimedio simillimum; il placebo, un prover esperto, dichiarò dopo pochi giorni che era convinto di aver assunto placebo e quindi smise di auto osservarsi. Il supervisore è rimasto sbalordito dalla differenza chiara ed inequivocabile fra i risultati della sostanza ed il placebo.
Alla fine del proving, dopo un lavoro faticoso di chiarimento, definizione e riclassificazione dei sintomi (di cui molti scartati in quanto ritenuti non attendibili o non significativi, altri invece inclusi estraendoli dai diari, in quanto ritenuti, a torto poco, significativi) si è arrivati ad una lista di 135 note sintomatologiche, riguardanti tutti gli organi ed apparati. Si sono rilevate cinque malattie acute intercorse (febbre e mal di gola; diarrea violenta con sangue; vomito e diarrea violenti; rinite, cefalea, torcicollo, febbre; violenta cefalea, con nausea e vomito). Si sono annotate numerose considerazioni finali e sensazioni riassuntive, oltre alle considerazioni dei supervisori, materiale questo di estremo interesse.

INTEGRAZIONE DEI DATI

Le 135 note sintomatologiche del proving di Hydrogenium peroxidatum di Verona sono state riunite con le 180 già esistenti del proving di di Roma del 2004. (1) In tutto 305 note sintomatologiche, sei malattie acute intercorrenti e numerose preziose annotazioni. Aggiungere dei dati ad una precedente sperimentazione di una sostanza sconosciuta è compito tanto delicato quanto affascinante. Si va a completare e verificare un lavoro; si svelano e/o si confermano aspetti della sostanza studiata; si riesce o meno ad ottenere dei dati adeguati all’utilizzo preciso della sostanza come medicamento.
Gli elementi più caratterizzanti la sostanza si ottengono dall’esame dei primi tre capitoli della patogenesi raccolta: MENTE, ASPETTO ED ATTEGGIAMENTO, SINTOMI GENERALI. Il primo dei tre è composto da 31 note sintomatologiche, riunite in tre sottogruppi: 1.Stanchezza, apatia, stordimento; 2.Ansia ed angoscia; 3. Disorientamento e sensazione che il tempo passi veloce; 4. Collera. Il secondo capitolo è stato aggiunto per riunire tutti i sintomi oggettivi rilevati dal supervisore e dalle persone familiari al prover ai quali, come già detto, è stato attribuito un valore rilevante, così come accade in una classica visita omeopatica. Contiene dieci note sintomatologiche, un unico sottogruppo: 1. Apparenza di pallore e stanchezza, titolo che riassume bene l’aspetto dei provers più frequentemente rilevato durante la sperimentazione. Al capitolo generali sono state attribuite 21 note sintomatologiche ed un unico sottogruppo: 1.Debolezza,spossatezza,sonnolenza, che meglio riassume la sintomatologia raccolta. Non sono stati classificati in sottogruppi i sintomi riguardanti i desideri, le avversioni e gli aggravamenti da sostanze alimentari. Fra gli altri organi ed apparati il più colpito è l’apparato digerente e, in questo ambito, lo stomaco, con particolare frequenza di nausea, vomito e dolori molto intensi. Particolarmente frequenti le manifestazioni diarroiche, anche violente e con sangue. Colpisce notevolmente la ricchezza sintomatologica dei capitoli dorso ed estremità, con dolori, contratture, scosse e crampi. La sonnolenza è un altro aspetto molto frequente, insieme ad una stanchezza spesso molto intensa, fino alla spossatezza. Sembra infine che la sostanza produca un notevole abbassamento del calore vitale dell’individuo, tale che molti provers hanno appuntato di brividi e freddo gelido, a volte senza riuscire a scaldarsi.

L’esame dei dati di una nuova sostanza, ottenuti da due differenti proving con un totale di 28 provers, necessita per essere compreso di un intero seminario di studio. Solo con un tempo adeguato si possono valutare le caratteristiche della sostanza stessa, svelarne alcune peculiarità sorprendenti ed infine tentare di definire un quadro incompleto ma sufficiente per buone prescrizioni, che a loro volta aggiungeranno dei dati significativi. La tendenza assai diffusa di lanciarsi in interpretazioni miste di intuito e fantasia alla fine nuocerà alla ricerca stessa. Tali affermazioni sono anche un’autocritica verso l’atteggiamento utilizzato in passato per Hydrogenium peroxidatum stesso, sull’entusiasmo dei primi dati.

CONCLUSIONI

Il proving come esperienza didattica e formativa

Della validità del proving come evento formativo nell’ambito di una scuola di Omeopatia si è in parte già detto. La risposta favorevole è unanime e riguarda numerosi aspetti. Accettato il fatto che per diventare un buon Omeopata le acquisizioni utili sono più di carattere qualitativo che quantitativo, il proving fornisce un’esperienza insostituibile e, di certo, incancellabile. L’utilità può essere estesa, senza tema di sbagliare, anche al corpo docente, che partecipa con vari ruoli e rinvigorisce così le proprie cognizioni basilari della costruzione omeopatica. E in effetti il proving va proprio a testare il cardine dell’Omeopatia: la possibilità di una sostanza dinamizzata di produrre sintomi rilevabili e, poi, di guarirli. È la riprova tangibile della Legge di Similitudine. Offre cioè, in un breve lasso di tempo, una esperienza sintetica e completa. Chiari i benefici a livello della salute personale e preziosi quelli a livello della consapevolezza individuale, a causa di un’attenzione continuata rivolta a sé con modalità rigorose e controllate. Questo è stato sempre chiaro sin dall’inizio della storia della Medicina Omeopatica, affermato in vario modo dai più grandi omeopati, per primo da Hahnemann. Vale riaffermare tali verità e ribadire come un’esperienza simile dovrebbe far parte integrante del programma di una scuola di Omeopatia Classica.

Proving scientifico e proving utilizzabile clinicamente

Al tempo di Hahnemann e nei decenni seguenti si sono sperimentate numerose sostanze, spesso con modalità assai sbrigative, quasi sempre da sperimentatori che oggi non potremmo mai definire sani. (8) Ciò nonostante molte delle sostanze testate hanno avuto ed hanno tuttora un grande uso terapeutico, fino ad essere diventate insostituibili per l’omeopata. Altrettanto non si può dire delle numerosissime sostanze sperimentate negli ultimi 20 anni nel mondo, spesso seguendo i criteri più rigorosi. In verità il proving negli ultimi decenni ha affascinato molti, medici e no, ed i tentativi e le incursioni sono state molteplici, alcune assai bizzarre ed immaginifiche. Tralasciando queste ultime, facciamo riferimento esclusivamente ai tanti esperimenti rigorosi portati a termine con successo sperimentale, ma non clinico. Perché accade questo? Quali le possibili cause?

Se osserviamo con attenzione cosa avviene in una classica visita omeopatica ben condotta notiamo che la raccolta dei dati non si orienta a 360°, ma va a scovare una sintomatologia “di nicchia”, cerca cioè dei sintomi speciali, particolari, peculiari che caratterizzano il Paziente e che guidano alla prescrizione, i cosiddetti sintomi caratteristici. A differenza di ciò potremmo decidere di registrare rigorosamente tutti i sintomi del Paziente, verificarne consistenza e durata nel tempo, raccogliendo così un elenco molto più completo e verificabile. È probabile che tale compito durerebbe alcune settimane e, cosa apparentemente paradossale, non ci darebbe la certezza di una buona prescrizione. Eppure avremmo portato a termine una visita medica omeopatica “scientificamente” più corretta. Ciò nonostante le probabilità di prescrivere una buona terapia sarebbero maggiori dopo la classica visita omeopatica di un’ora o poco più. Il quesito è: un proving ben condotto, con i criteri del doppio cieco, della randomizzazione, con uso adeguato del placebo seguendo il metodo cross over, garantisce dei risultati utili per la prescrizione della sostanza sperimentata? La risposta è evidentemente no. Ciò lo ha sempre saputo chi si è dedicato a questo tipo di ricerca, tanto che ogni omeopata che si è occupato di sperimentazione, a cominciare da Hahnemann, ha sempre avuto uno o alcuni provers particolarmente “amati”. (8) È evidente che quello/i fornivano da soli dati così preziosi sulla sostanza da risultare insostituibili, di certo per la loro sensibilità, o per disponibilità ed attendibilità, più probabilmente per tutte queste qualità insieme. Di fatto poche persone hanno costruito la patogenesi clinica delle nostre sostanze medicamentose. Si può confermare, dopo numerose esperienze sul campo, che alcuni provers, anche molto motivati e seri, risultano di fatto dannosi al proving stesso, perché mescolano in modo indistricabile certi loro sintomi incancellabili con i sintomi veri e propri della sostanza. La lettura dei loro diari porta indelebile il loro nome, sono sempre facilmente riconoscibili, qualunque sostanza vadano a sperimentare e questa è la prova che ne attesta la loro incapacità quali sperimentatori.
Si deve riflettere poi accuratamente sul materiale che si va a raccogliere. Evidenziare un sintomo mentale, anche intenso e nuovo, non fornisce la certezza di avere a disposizione un sintomo realmente certo e nuovo. Potrebbe essere, ad esempio, inficiato dalla diversa attenzione che il prover pone a se stesso durante l’esperienza del proving rispetto alla sua vita quotidiana; o anche dall’entusiasmo che il prover prova nell’affrontare l’espe- rienza; o da altri fattori ancora. È importante quindi che il supervisore conosca bene il prover, sappia con certezza, perché sa riconoscerlo, quale dei suoi sintomi è realmente nuovo. Questo per quanto riguarda il sintomo mentale e, soprattutto, i sogni, materiale da maneggiare con cura e da verificare ripetutamente. Con i sintomi fisici la probabilità di errore diminuisce, ma non scompare. Supervisore e prover debbono quindi incontrarsi di frequente. Non sono sufficienti i numerosi mezzi di comunicazione oggi disponibili, il supervisore deve “toccare con mano” la sintomatologia del prover, investigarla e, soprattutto, annotare tutti quei particolari – sintomi oggettivi – che il prover non sa o non può evidenziare.

Il numero dei provers, così importante in un trial tipico, non lo è affatto in una sperimentazione che abbia come obbiettivo la conoscenza qualitativa della sostanza; addirittura un numero eccessivo può essere controproducente, perché aumenta il rischio di confondere i sintomi peculiari tra un numero esorbitante di sintomi accessori, aumentando anche la possibilità di errori di valutazione.

C’è infine da aggiungere che al proving spetta il compito di evidenziare una patogenesi iniziale della sostanza, che poi verrà ampliata e perfezionata, quando non “aggiustata”, dall’uso clinico del medicamento. Crediamo che nei secoli e anche decenni scorsi la facilità di prescrizione, la migliore tolleranza dell’errore, la sostenibilità maggiore delle patologie da parte dei Pazienti, siano stati fattori favorevoli ai test clinici delle sostanze e ne abbiano accelerato la conoscenza. Attualmente c’è meno audacia prescrittiva e quindi sperimentale. Se da un lato tali accortezze e scrupoli sono benvenuti, dall’altro si dimentica che miliardi di persone ingeriscono quotidianamente quantità esorbitanti di sostanze farmacologiche sempre pericolose, non sempre utili, correndo gravi rischi ed aumentando enormemente il numero di morti (misconosciuti) da cause iatrogene. Sarebbe realmente poco etico avere una maggiore audacia sperimentale in campo omeopatico?

Schematizzando si può affermare che:

Il Proving quale trial scientifico,richiede:

• Un gruppo adeguato di partecipanti
• Anamnesi e patobiografia estesa del prover
• Fase di auto-osservazione
• Uso del placebo
• Doppio cieco
• Random e cross-over

Il Proving per avere dati utili clinicamente, richiede:

• Un gruppo esiguo di partecipanti esperti, ben conosciuti ed accuratamente selezionati
• Anamnesi e patobiografia estesa del prover
• Prolungata fase di auto-osservazione
• Numerosi incontri diretti fra il prover ed il suo supervisore
• Doppio cieco

Riportiamo di seguito il § 141 dell’Organon (9) di Samuel Hahnemann e nota relativa, che è un po’ il paragrafo finale della sua magistrale esposizione della Sperimentazione Pura sull’uomo sano. Ci sembra la migliore conclusione possibile al nostro intervento.
Ma di tutte le esperienze relative agli effetti puri che medicamenti semplici producono sull’uomo normale, e agli stati morbosi artificiali e ai sintomi generali nei soggetti sani, le migliori saranno quelle che un medico, sano e perspicace, senza preconcetti e cosciente, istituirà su se stesso (…) Egli sa con la massima certezza quanto ha percepito nell’esperimento su se stesso. (…). Inoltre queste osservazioni originali gli insegnano a comprendere le proprie sensazioni, il proprio modo di pensare, il proprio temperamento (“Conosci te stesso”, principio di ogni sapienza), e lo educano all’indagine osservativa, indispensabile al medico.

Bibliografia

1. G. Dominici – La perduta vitalità di HYDROGENIUM PEROXIDATUM Risultati parziali della sperimentazione (proving) di acqua ossigenata (H2O2) – VII Congresso Nazionale FIAMO, Roma, 10/12 Novembre 2006
2. G. Dominici; M. Dodesini – HYDROGENIUM PEROXIDATUM – H2O2 Proving results and clinical use of Hydrogen peroxide in humans and animals. – 63° Congresso LMHI. Ostenda, 20-25 Maggio 2008.
3. E.C.H. – Homeopathic Drug Proving Guidelines – www.homeopathyeurope.org – Bruxelles, 2004.
4. Jansen J.P. – HOW USEFUL ARE PLACEBO CONTROL GROUPS IN HOMEOPATHIC PROVINGS? A PILOT STUDY – 63rd Congress of the LMHI, 2008, Oostende – Belgium
5. Möllinger, H. – Homeopathic Drug Provings between historical and scientific demand. Are Hahnemannian provings distorted by the inclusion of placebo-controls or blinding? – 63rd Congress of the LMHI, 2008, Oostende – Belgium
6.Riley,D.- DESIGNFORARANDOMIZED,DOUBLE-BLIND,PLACEBO-CONTROLLED, HOMEOPATHIC DRUG PROVING USING A CROSS-OVER DESIGN – 63rd Congress of the LMHI, 2008, Oostende – Belgium
7. Uyttenhove L, E.C.H. Subcommittee Provings – STANDARDIZATION IN HOMEOPATHIC DRUG PROVING METHODOLOGY – 63rd Congress of the LMHI, 2008, Oostende – Belgium
8. Fontebuoni, A. – I primi prover, eroi romantici! – Il Medico Omeopata n. 25, pag. 22-24 – Editrice FIAMO
9. Hahnemann C.F.S. – ORGANON dell’Arte del guarire – (§ 141 e nota) – VI ed. – trad. G. Riccamboni, a cura della L.U.I.M.O. – Napoli, 1987

Ringraziamenti

– La Scuola di Medicina Omeopatica di Verona
– Ditta Ce.M.O.N. S.r.l. di Napoli
– I dodici provers
– Fernanda

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